Le sbrindole
Sono convinto che su questo notiziario sia sempre importante scrivere qualcosa di ameno o, comunque, che serva per alleggerirne il tono che rischia altrimenti di diventare troppo serio.
Ecco quindi queste poche righe di ricordi familiari che riportano modi di dire e di pensare dal sapore ormai antico.
Penso che qualcuno rammenti ancora cosa significava in dialetto il termine sbrindole. Erano i brandelli, i ritagli di stoffa dei tipi e dei colori più vari che venivano messi da parte per essere riutilizzati, per esempio per fare rappezzi. Inoltre, nei nostri paesi, il termine sbrindole veniva anche usato per indicare quelle ragazzine, sui quindici, sedici anni che andavano a spasso o gironzolavano in paese, cercando
magari l’occasione di incontrarsi con i loro coetanei.
Io avevo una zia nubile, la zia Pina, allora ultraottantenne, che viveva a Favrio da sola; benché fosse straordinariamente in gamba, per alcune faccende aveva bisogno di un po’ di aiuto. Quindi io, anche se abitavo lontano, un paio di volte al mese, o da Vicenza o da Belluno, venivo a trovarla. Questo avveniva il sabato pomeriggio e la domenica. Mi accompagnava spesso uno dei miei figli.
Il nostro compito era, d’inverno, quello di sistemarle la legna e, d’estate, quello di lavorare nell’orto.
Esisteva comunque, la domenica mattina, un rito importante. Quello dei miei figli che c’era, e in quegli anni toccava per lo più a Pietro, doveva accompagnare a messa la zia dandole il braccio. Era quella anche un’occasione per i ragazzi e le ragazze di incontrarsi, di chiacchierare e di scherzare.
Comunque, dopo messa, noi due avevamo giusto il tempo di dedicarci ai lavori che servivano. La zia ci preparava da mangiare e il pranzo era fissato sempre a mezzogiorno. Un giorno sono rientrato in casa un po’ prima, da solo, e mia zia mi dice: «È passà le sbrindole; le à batù su la porta e le à domandà: « C’è Pietro?» Ed io «E alora?». E la zia: «Alora mi go dit che el Pietro nol g’à temp da perder, che el g’à da aidarghe a so papà e che i g’à mila misteri da far! Onte fat ben?». Ed io: «T’à fat benone». Eppure Pietro un po’ di tempo l’avrebbe perso proprio volentieri…
sbrindol m. spreg., f. sbrindola donna o ragazza che sta sempre per le strade;
zinghen m., zinghena f. ragazzina impertinente, volubile, mal vestita, sempre a zonzo;
bagolon m. agg. (p1. -ogn); bandolon m. agg. (p1. -ogn); baraba m.; fà l baraba, fare il barabba, comportarsi in modo sregolato o poco onesto; despiantà m. agg.; girovago m.; lazaron [..]