Le origini di San Biagio

Autore: Patrick Franceschi

Biagio, vescovo, martire e santo per i cattolici, visse tra il III e il IV secolo a Sebaste in Armenia (Asia Minore). È venerato come santo dalla Chiesa cattolica (che celebra la sua memoria il 3 febbraio) e dalla Chiesa ortodossa.

Era medico e venne nominato vescovo della sua città. A causa della sua fede venne imprigionato dai Romani, durante il processo rifiutò di rinnegare la fede cristiana; per punizione fu straziato con i pettini di ferro, che si usano per cardare la lana. Morì decapitato nel 316.

San Biagio muore martire tre anni dopo la concessione della libertà di culto nell’Impero Romano (313). Una motivazione plausibile sul suo martirio può essere trovata nel dissidio tra Costantino I e Licinio, i due imperatori-cognati (314), che portò a persecuzioni locali, con distruzione di chiese, condanne ai lavori forzati per i cristiani e condanne a morte per i vescovi.

Reliquie

Il corpo di san Biagio fu sepolto nella cattedrale di Sabaste. Nel 732 una parte dei suoi resti mortali furono imbarcati, per essere portati a Roma. Una tempesta bloccò il viaggio a Maratea, dove i fedeli accolsero le reliquie , il SACRO TORACE , e le conservarono nella Basilica di Maratea, sul monte San Biagio.

A Carosino, un paesino in provincia di Taranto, è custodita una delle reliquie: un pezzo della lingua, conservato in un’ampolla incastonata in una croce d’oro massiccio.

Nel santuario di Cardito, in provincia di Napoli, è conservato un ossicino del braccio.

Nella parrocchia di Lanzara, frazione del Comune di Castel San Giorgio, in provincia di Salerno, sono conservate due piccole ossa della mano.

Nella cattedrale di Ruvo di Puglia si venera nel giorno di San Biagio una reliquia del braccio del Santo, esposta entro un reliquiario a forma di braccio benedicente, portato in processione dal Vescovo e esposto alla pubblica venerazione dopo la solenne messa pontificale in cattedrale, al vespro del 3 Febbraio.

Nella chiesa a lui dedicata nella città dalmata di Dubrovnik (Ragusa, Croazia), della quale è il patrono, si conserva, secondo la tradizione, il cranio, in un ricco reliquiario a forma di corona bizantina, che viene portato solennemente in processione nella ricorrenza del santo.

A Ostuni è presente un pezzo di osso, venerato e posto sulla gola di ogni fedele che si presenta in pellegrinaggio al Santuario di S. Biagio sui colli ostunesi il 3 febbraio.

A San Piero Patti (Messina), è custodito un molare del Santo, conservato in una teca d’argento presso la Chiesa di Santa Maria Assunta. La teca viene portata in processione in occasione delle due feste che la cittadina dedica al santo: il 3 febbraio e la prima domenica d’ottobre.

San Biagio patrono

Nella sua qualità di medico, i fedeli si rivolgono a Biagio anche per la cura dei mali fisici ed in particolare per la guarigione dalle malattie della gola: è tra i quattordici santi ausiliatori. Durante la celebrazione liturgica in molte chiese i sacerdoti benedicono le gole dei fedeli accostando ad esse due candele. È anche protettore dei cardatori di lana, degli animali e delle attività agricole.

Leggende

gli sono stati attribuiti diversi miracoli, tra cui il salvataggio di un bambino che stava soffocando dopo aver ingerito una lisca di pesce.

Relativamente alla sola esperienza della cittadina di Fiuggi, si narra che nel 1298 fece apparire delle finte fiamme sul paese, proprio mentre questi era in procinto di essere messo sotto assedio dalle truppe papali. La cittadina, che all’epoca si chiamava Anticoli di Campagna, era feudo dei Colonna che a loro volta erano in guerra con la nobile famiglia romana dei Cajetani. L’intenzione dei Cajetani era quella di attaccare il paese da due lati: dal basso scendendo dal castello di Monte Porciano e dall’alto, alle spalle di Fiuggi dalla parte di Torre Cajetani; in virtù di tale piano divisero le proprie forze. Biagio avrebbe fatto apparire delle finte fiamme che indussero le truppe nemiche, che oramai si accingevano all’attacco, a pensare di essere state precedute dalle forze alleate. Di conseguenza mossero oltre, ritornando ai loro alloggiamenti. I fedeli il giorno successivo lo elessero patrono della città. A ricordo di ciò persiste tuttora l’antica tradizione paesana di bruciare grandi cataste di legna di forma piramidale, denominate stuzze, a ricordo dell'”apparizione“. Tale manifestazione avviene la sera del 2 febbraio di ogni anno nella piazza più alta del paese (p.za Trento e Trieste), dinnanzi al Comune.

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